di Cristina La Marca
Qualsiasi tentativo di analisi del significato della digitalizzazione non può infatti prescindere di riconsiderare la relazione tra i media di massa e Internet, terreno su cui negli ultimi quindici anni e, segnatamente, tra il 1995 e il 2000, periodo in cui esplose l’interesse dell’industria dei media per la Rete nascente, si sono scontrate due idee e due scenari futuribili contrapposti:
- L’idea che Internet avrebbe causato la fine dei mass media. Per esempio, la tesi tecno-utopista sosteneva che i mass media sarebbero svaniti sotto la spinta del Web e delle sue caratteristiche più rivoluzionarie, come la personalizzazione.Altri pensavano che gli utenti avrebbero dedicato tutto il loro tempo-media alla navigazione su web, a scapito di stampa, radio e TV.
- L’idea che Internet stessa avrebbe perso la maggior parte delle sue caratteristiche distintive a causa della colonizzazione delle industrie dei media, diventando un mass medium con tutte le connotazioni negative che arrivano insieme con l’idea di mass media: vasti conglomerati orientati al profitto che parlano a un’audience passiva e indistinta.
Piuttosto, la principale discontinuità osservabile riguarda il rapporto tra ciascun medium e la sua “piattaforma”: dopo una stagione lunga decenni in cui si è potuto definire ciascun medium sulla base della saldatura fra una certa tecnologia, un certo linguaggio e condizioni di fruizione relativamente stabili (che considerati organicamente ne costituiscono appunto la piattaforma), con l’uniformità del linguaggio binario si annulla qualsiasi rapporto di esclusività tra i media e le piattaforme, con ripercussioni sulle filiere produttive (che convergono e si "modularizzano") e sul ciclo di vita aumentata dei prodotti (in quanto naturalmente cross mediale).